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Cuck
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Cuck: il tradimento consensuale può unire la coppia?

Francesca Martelli 6 Novembre 2020 Uncategorized 0

Il Cuck: il tradimento consensuale può unire la coppia?

Cuck
Cuck

Cuck – Conosci il Cuck o Cuckold? Il termine nasce come insulto per poi trasformarsi in pratica sessuale sempre più diffusa. Anche se poco nota e considerata ancora un tabù, tante coppie si sentono incuriosite dal fascino trasgressivo del fetish. Scopriamo insieme chi è il Cuck e come vive il rapporto di coppia!

Cosa significa Cuck?

Il termine deriva dall’inglese cuckoo, cuculo, l’uccello dalla peculiare usanza di deporre le uova nei nidi altrui. Da qui nasce l’offesa di origine medievale per definire l’uomo tradito inconsapevolmente dalla propria consorte, che viene così umiliato e privato della propria mascolinità. Non a caso essere definito “cornuto” è forse universalmente tra le peggiori offese che un uomo possa ricevere. Recentemente l’appellativo Cuck, diminutivo di Cuckold, è tornato di moda con un uso metaforico. La destra conservatrice americana l’ha infatti reintrodotto nel suo vocabolario di insulti verso l’elettore progressista, visto come debole e quindi privo di mascolinità. Nel mondo fetish però il cornuto non è più inconsapevole e il Cuckolding è diventata una pratica sessuale in cui il tradimento è fonte di eccitazione sessuale.

Chi è il Cuck nel porno-fetish?

Il Cuckolding consiste quindi nell’immaginare, assistere o anche partecipare al tradimento del proprio partner traendone eccitazione. Oggi questa pratica si può trovare facilmente tra i generi porno ed è rappresentata solitamente da un uomo che osserva il rapporto sessuale della compagna con un altro uomo. In questo caso il Cuckold è una figura passiva che prova eccitazione nell’umiliazione di vedere la propria donna soddisfatta dal più dotato “bull”, o toro, come viene chiamato in gergo il partner sessuale dell’adultera. Naturalmente i ruoli possono essere invertiti e anche la donna può diventare il Cuck della coppia. In entrambi i casi la pratica viene comunemente associata alla sottomissione e al masochismo del partner “cornuto”. Ma è sempre così?

Il Cuckold è sempre sottomesso?

Le coppie che praticano il Cuckolding sono aumentate con le possibilità offerte dal web. Conoscere altre coppie o persone disponibili a provare l’esperienza è molto più facile, anche se la pratica resta un tabù di cui non parlare in pubblico. Fortunatamente diverse persone hanno voluto condividere la loro storia per mostrare chi è il Cuck nella vita reale. Per molti il tradimento inizia come una semplice fantasia che diventa realtà se la coppia è mentalmente molto aperta e curiosa di sperimentare. Tra queste alcune affermano addirittura che questa pratica sessuale aumenti il desiderio reciproco e rinforzi il legame. In questo caso il Cuckold non si sente sottomesso ma, anzi, complice del proprio partner e felice di rispettarne la natura libera.

Tradire può unire la coppia?

Culturalmente il tradimento è inaccettabile per la maggior parte delle coppie. L’umiliazione di sentirsi “cornuti”, di sapere che il proprio partner cerca la soddisfazione sessuale altrove, è quello che ha reso l’insulto “Cuck” tra i peggiori. Per questo motivo spesso questa pratica si associa a sottomissione e senso di inferiorità. Naturalmente se chi subisce il tradimento lo vive con senso di impotenza per non essere in grado di soddisfare il proprio partner, difficilmente questo porterà a rafforzare il legame. In alcuni casi potrebbe anche essere opportuno un aiuto psicologico. Se, invece, una coppia matura e sicura del proprio rapporto decide di vivere questa fantasia con rispetto reciproco e senza forzature, il Cuckolding potrebbe anche essere un modo per uscire dalla routine e riaccendere il fuoco della passione!

E tu cosa ne pensi del Cuckolding? Secondo te il tradimento può essere accettabile? Scrivici la tua opinione nei commenti!

Articolo di Melania Pittau

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Tempo stretto per nuovi incontri a 30 anni?

Francesca Martelli 8 Settembre 2020 Articoli 0

30 anni e tempo stretto per nuovi incontri?

Tempo stretto
Tempo stretto

I famigerati 30 anni sono una soglia che fa riflettere sul nostro “tempo stretto”. E arrivare a 30 anni single può essere ancora più dura! Aspettative sociali, pressioni familiari e coetanei che mettono su famiglia spingono ad uno stile di vita ben preciso; un lavoro che ci priva del tempo prezioso per occasioni di socialità e nuovi incontri ci spinge dalla parte opposta. Ma i 30 anni sono ancora questa soglia significativa? Scopriamo insieme come goderseli da single e come recuperare il tempo stretto!

Ricalibrare l’orologio biologico?

All’avvicinarsi dei 30 anni è facile sentire sempre più forte il ticchettio del famoso orologio biologico. Il desiderio di amore e famiglia è naturale, ma quanto il ritmo del ticchettio è veramente “biologico” e quanto invece viene dalle aspettative sociali e dall’idea di tempo stretto? Quanto è amplificato da parenti o conoscenti che ti chiedono della tua vita sentimentale con una certa insistenza? I 30 anni di oggi non sono più quelli di una volta! Il tempo per farsi una famiglia, se davvero ne vuoi una, non è stretto come pensi. Ma soprattutto, i 30 anni sono il tempo perfetto divertirsi, fare conoscenze e scoprire sé stessi con maggior consapevolezza e senza i drammi dell’adolescenza. Una volta superata questa “crisi della soglia”, ti accorgerai del tempo e delle energie ancora a disposizione, e sarai padrone di regolare l’orologio biologico secondo i tuoi ritmi personali.

Nuove occasioni?

È vero, a 30 anni a volte le cose cambiano tuo malgrado. Gli amici di sempre hanno scelto la loro strada e spesso non coincide con la tua. I locali che hai sempre frequentato hanno un’età media che ti fa ormai sentire inadeguato. Il lavoro a tempo pieno amplifica la sensazione di tempo stretto per i tuoi hobby. Ma a cambiare non è solo l’esterno. Anche tu hai esigenze diverse e, magari, voglia di conoscere persone diverse da quelle che hai sempre frequentato. Questo non vuol dire che il divertimento finisce a 30 anni ma, anzi, questo è proprio il momento per le nuove occasioni! Una volta che inizierai a esplorare le proposte di socialità “trentenni friendly”, ti accorgerai di scoprire un mondo! Eventi, serate, gite o viaggi dedicati ai single, da scegliere in base alle tue passioni e ai tuoi interessi.

Tempo stretto o slow living?

Oggi la sensazione di tempo stretto è quasi una costante che scandisce la nostra vita. Cerchiamo di guadagnare tempo tra corse, fast food e ritmi frenetici. Ma alla fine della giornata quanto ne abbiamo veramente guadagnato e, soprattutto, com’è la qualità di quello che ci è rimasto libero? Rallentare i ritmi nella società attuale non è sicuramente facile. Impegni lavorativi e personali sono a volte combinati in stretti incastri che non lasciano neanche il tempo per respirare. Ma, quando possibile, allentare il ritmo e allungare i tempi è importante per la propria salute psicofisica. Ottimizzando i tempi e concedendoti qualche break, una vita più slow riduce lo stress e ti fa assaporare di più i bei momenti, migliorando la qualità del tuo tempo e della tua vita.

Prendendo le cose con la giusta calma, a volte ci si stupisce di quanto abbiamo fatto in un tempo stretto! E tu che nuove occasioni stai cercando? Sei più un tipo fast o slow? Troviamo insieme l’evento che fa per te!

Articolo di  Melania Pittau

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Tantra: come riconoscersi tra anime?

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Dreamcatcher
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Dreamcatcher: come tessere la tua positività?

Francesca Martelli 31 Agosto 2020 Articoli 0

Il dreamcatcher: come tessere la tua positività?

Dreamcatcher
Dreamcatcher

Dreamcatcher – Il dreamcatcher o acchiappasogni, l’esotico amuleto di origine nordamericana, è oggi un diffuso portafortuna decorativo, un regalo di buon auspicio, un accessorio “must” per le location dei matrimoni bohémien. Ma non dobbiamo dimenticarci che, in quanto amuleto, il dreamcatcher è ritenuto anche e soprattutto un portatore di positività e conseguente benessere. Tutti noi ne avremmo bisogno, ma siamo sicuri che servano per forza degli oggetti fisici per ottenerne i benefici? Scopriamo come riempire la nostra vita di acchiappasogni più “spirituali”, invisibili ma altrettanto efficaci.

L’origine e il significato del dreamcatcher?

La simbologia del dreamcatcher ha origine nella mitologia Cheyenne e Lakota. Secondo entrambe le culture, il potere della rete intessuta all’interno del cerchio è quello di intrappolare le energie negative responsabili degli incubi e farle svanire attraverso il foro centrale. Da qui il nome dreamcatcher, l’acchiappasogni. Il foro serve anche a incanalare le energie positive, che defluiranno dalle maglie alle piume per infondere serenità. La trama del dreamcatcher è spesso molto elaborata, come la ragnatela di un ragno, ed è proprio la figura del ragno un altro punto chiave del simbolismo di questo oggetto. Nella lingua del popolo Ojibwa, infatti, l’amuleto viene chiamato asabikeshiinh, che significa appunto ragno. Sotto sembianze femminili o come incarnazione dello spirito della saggezza Iktomi, l’aracnide ispira l’uomo con la sua arte di abile tessitore. Insomma, l’acchiappasogni ha una doppia valenza simbolica: da una parte converte la negatività dei nostri incubi in serena positività, dall’altra diventa una sorta di protettore e ispiratore degli artisti della tela.

Potere dell’oggetto o potere della mente?

Alcuni oggetti acquisiscono un’importanza emotiva che va oltre il loro valore materiale. Che si tratti di un semplice ricordo legato ad affetti personali o di qualcosa che richiama a credenze e miti popolari, quando viene attribuito un significato simbolico a un oggetto esso acquisisce un potere e influenza concretamente la nostra vita. Che si creda o meno a una forza insita in esso, a un’anima o spirito responsabile delle sue proprietà, è innegabile che questo infonda un’aura di positività nell’ambiente circostante e in noi stessi. Per chi vuole vederla in termini più razionali, possiamo parlare di autocondizionamento, del potere della mente di rendere reale l’immaginario, di creare positività dalla positività. La psicologia degli oggetti ci insegna che siamo creatori non solo della materia ma anche del suo significato e ciò ci torna indietro influenzando i nostri comportamenti. In questo senso, il potere del dreamcatcher e di altri amuleti e portafortuna è reale. Circondarsi di questi oggetti, se condividiamo il loro significato, è un’ottima auto-terapia per richiamare positività nella propria vita.

Vuoi imparare dai ragni?

Possiamo avere tanti acchiappasogni nella nostra vita, alcuni comprati o regalatici, altri fai-da-te e altri ancora immateriali. Ognuno può circondarsi di oggetti, persone ed esperienze a cui attribuire un significato positivo e da cui assorbire serenità. L’importante è che il legame emotivo con questo simbolo sia autentico, che sia qualcosa in cui crediamo veramente e che susciti nel profondo sensazioni appaganti. Qualche esempio di acchiappasogni fuori dall’ordinario? Le persone! Ci sono compagnie in grado di fornirci un’energia positiva a volte inspiegabile, legami profondi in grado di infondere fiducia in noi stessi. Lasciati ispirare da amici vecchi e nuovi e inebriati del vostro amore reciproco. L’abilità da tessitore di positività si vede anche nella scelta delle esperienze, nel coltivare passioni e fare attività che ci rendono felici. Pensa a quello che più ami e fanne tesoro per vivere emozioni positive. Oggetti, persone, esperienze… Un dreamcatcher può essere qualunque cosa! Sei pronto a trasformarti in ragno e a tessere la tua tela di positività?

Il tuo dreamcatcher personale è dietro l’angolo! Quale sceglierai? Parlaci qui sotto delle esperienze che riempiono il tuo mondo di positività e troviamone uno insieme!

Articolo di Melania Pittau

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Emozione
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Emozione: forza o debolezza?

Francesca Martelli 9 Giugno 2020 Uncategorized 0

L’emozione: forza o debolezza?

Emozione
Emozione

Emozione – Argomento tabù in molte culture del passato, l’emozione è un concetto che è stato spesso nascosto perché considerato segno di debolezza, specialmente per gli uomini. L’essere emotivi è una caratteristica vista in maniera negativa ancora oggi da molti e in alcune società è usualmente associata alla donna. Ma è veramente così? L’emozione è qualcosa che può giovare o ostacolare una persona? Continua a leggere per scoprirlo.

Emozione: cos’è?

Si parla spesso di emozione ma pochi sanno spiegare cosa sia esattamente. Nella tua vita sicuramente avrai vissuto delle situazioni dall’alta carica emotiva: un esame superato, un innamoramento oppure un lutto. Anche se provi qualcosa ogni giorno, saperlo definire non è così facile. La psicologia chiama questo fenomeno “processo multicomponenziale” perché è molto complesso e racchiude al suo interno svariati aspetti legati alla mente, al corpo e ai comportamenti. Un’emozione può essere positiva o negativa e viene solitamente scatenata da un evento. Quest’ultimo può presentarsi all’esterno, causato da persone, dall’ambiente e da particolari episodi, oppure all’interno, dovuto ad un pensiero o ad una sensazione. Non sempre si riesce a controllare lo stato emotivo; quando questo è troppo forte rischia di travolgerti. In tal caso, quando accade spesso, è utile chiedere il parere di un professionista.

Emozione: a cosa serve?

Se la persona che ti piace ti viene a dire che vorrebbe frequentarti, è certo che proverai un’emozione di gioia e sorpresa. Magari sorriderai e le tue guance si arrosseranno e chi ti sta davanti capirà che hai gradito la sua confessione. Ecco, lo stato emotivo è una reazione a qualcosa, quindi una forma di comunicazione. Negli ultimi anni la psicologia ha approfondito lo studio dell’emozione e il ricercatore Johnmarshall Reeve ha definito che essa ha tre funzioni principali:

1)Funzione adattiva

Se provi un’emozione, che sia gioia o tristezza, sarà più facile per il tuo corpo reagire ad una determinata situazione. Già Charles Darwin affermava l’importanza dello stato emotivo, capace di aiutare le persone a mettere in atto un comportamento adeguato, di farle adattare. Ad esempio, se vedi tuo figlio cadere dal triciclo, istintivamente ti avvicini a lui per aiutarlo; è l’emozione della paura che ti spinge ad andare da lui. Esistono sei emozioni primarie e per ognuna di esse c’è una funzione adattiva. Prendendo l’esempio sopracitato, all’emozione della paura si associa il meccanismo adattivo della protezione.

2)Funzione motivazionale

La funzione sociale dell’emozione sta nella sua capacità di lanciare messaggi silenziosi con il corpo e le espressioni, che permettono a chi ti sta intorno di comprendere o intuire quello che provi e la tua risposta ad una particolare situazione. L’emozione regola l’interazione con le altre persone e influenza in maniera importante i legami e gli incontri. Se provi fastidio o rabbia quando parli con un conoscente che magari in passato ti ha fatto un torto, ti risulterà pesante uscirci insieme e farai di tutto per evitarlo. Se invece ti senti gioioso insieme alla persona che t’interessa, proverai qualsiasi metodo per continuare a incontrarla e magari iniziare una relazione.

3)Funzione sociale

L’emozione ti influenza nelle relazioni sociali e permette agli altri di intuire il tuo comportamento, ma anche il contrario: ti permette di capire come reagirà la persona con cui hai a che fare a particolari situazioni. Ma la funzione sociale del processo emotivo si riferisce anche all’occultamento del proprio stato d’animo per mantenere una particolare relazione. Ad esempio, potresti aver vissuto un momento di fastidio o sconforto nel luogo di lavoro, magari con il tuo capo. In questo caso celare le emozioni è una forma di protezione per non disturbare l’intesa creatasi con i colleghi o, addirittura, non essere licenziato.

In breve, l’emozione non è una debolezza, perché fa parte di ognuno e non può essere sradicata. Inoltre aiuta a relazionarsi con l’ambiente e con gli altri. Provare emozioni forti non è un male ma bisogna stare attenti a non farsi travolgere e comandare da esse. Aiutano a vivere con intensità la vita, che altrimenti parrebbe grigia. Non bisogna sopprimerle ma abbracciarle e convivere serenamente con esse.

E tu consideri l’emozione una forza o una debolezza?

Scrivici qui sotto cosa ne pensi e se ti piace l’articolo

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Articolo di Chiara Orlando

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